Libertà di stampa: si celebra come ogni anno il 3 maggio la giornata mondiale, che quest’anno è dedicata al tema “Journalism without Fear or Favour”.
Istituita dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1993, la giornata è pensata come momento per riflettere sull’importanza dell’informazione libera.
Tanti i giornalisti che, anche nel recente passato, hanno pagato con la propria vita per onorare un fondamento dello stato di diritto.
La Russia raccontata da Anna Politovskaja
“Diario russo” è considerato il testamento morale della giornalista russa Anna Politkovskaja.
Il suo assassinio, avvenuto il 7 ottobre 2006, è rimasto tuttora impunito.
Attraverso “Diario russo” la Politovskaja ripercorre momenti determinanti della storia contemporanea russa. E lo fa basandosi su una scrupolosa analisi di fonti e documenti. La giornalista della “Novaja Gazeta” mette al centro il periodo 2003-2005, descrivendo fatti che hanno segnato la Russia di Putin.
Dall’esplosione nella metropolitana di Mosca, al crollo del Parco acquatico di Jasenevo. Dall’insabbiamento dell’inchiesta sull’eccidio al teatro Dubrovka, all’assassinio del presidente ceceno Achmet Kadyrov. Dalle testimonianze sul sequestro di Beslan, alle cosiddette “azioni terroristiche di Al-Qaeda” nel Caucaso.
Nodi cruciali, poco approfonditi dalla stampa occidentale. Narrati dalla passione civile di una giornalista divenuta icona della libertà d’espressione.
La strage di “Charlie Hebdo”
Da pochi giorni è iniziato il 2015. Precisamente il giorno dopo l’epifania. Mercoledì 7 gennaio. Un commando di terroristi islamici fa irruzione nella redazione parigina di “Charlie Hebdo” seminando morte.
Alla fine saranno 8, tra giornalisti e vignettisti della rivista satirica francese, a pagare con la vita.
L’attentato rivendicato dal braccio yemenita di Al Qaeda (Ansar al-Sharia) che sconvolge la capitale d’oltralpe e le coscienze di tutti noi, è al centro di “Hanno ucciso Charlie Hebdo”.
Il giornalista Giulio Meotti parte da questo episodio per affrontare un aspetto che ha radici lontane. E precisamente nella “fatwa” emessa da Khomeini nei confronti di Salman Rushdie. I “Versi satanici” dello scrittore indiano furono al centro dell’atto di accusa dell’ayatollah iraniano nel febbraio 1989.
Da allora, sostiene Meotti, si è scatenata una vera e propria guerra tra l’islam radicale e la libertà d’espressione. Culminata nell’attentato contro “Charlie Hebdo”, colpevole di aver messo al centro della propria satira il profeta Maometto.
Ilaria, che voleva raccontare l’inferno
“Ilaria Alpi. La ragazza che voleva raccontare l’inferno. Storia di una giornalista”.
È il titolo di questo bel libro della scrittrice padovana Gigliola Alvisi. Un’opera che ha il merito di rivolgersi prima di tutto a un pubblico di lettori adolescenti.
Ma anche gli adulti possono riscoprire la storia della giornalista Rai uccisa nel 1994 in Somalia, attraverso queste pagine. Ilaria Alpi aveva 32 anni. Con lei, il cameraman Milan Hrovatin.
Quando è morta Ilaria stava indagando su traffici di armi e rifiuti tossici tra il nostro “civile” Occidente e il corno d’Africa. In particolare, la Somalia: terra ancora oggi vittima di violenza, ingiustizia e verità nascoste.
Compreso quella sulla morte di Ilaria e Milan. La prefazione del libro è curata da Mariangela Gritta Grainer, già Presidente dell’Associazione Ilaria Alpi.
Daphne e lo scandalo dei “Panama Papers”
Sono le 14.35 di lunedì 16 ottobre 2017. La giornalista maltese Daphne Caruana Galizia scrive il suo ultimo post su Running Commentary. Il testo dice: “Ci sono corrotti ovunque si guardi, la situazione è disperata.”
Poi Daphne sale sulla sua Peugeot bianca. E salta in aria. Pagando con la vita per aver indagato, tra le altre cose, sullo scandalo “Panama Papers”.
“Dì la verità anche se la tua voce trema” tratta le indagini della giornalista e blogger sugli intrighi nella vita dell’isola di Malta. Che si intrecciano col fascicolo relativo ad un’altra isola: quella di Panama.
I documenti confidenziali dello studio legale panamense Mossack Fonseca conducono a più di 200.000 società offshore che coinvolgono politici e imprenditori. Tra essi, i politici maltesi, implicati anche in narcotraffico e riciclaggio di denaro sporco.
Daphne Caruana Galizia ha dedicato trent’anni di attività giornalistica a fare luce su un perverso sistema di potere, pagando con la vita per le proprie inchieste giornalistiche.
Libertà di stampa: l’oppressione turca
Can Dündar è accusato dal regime di Ankara di spionaggio e divulgazione di segreti di Stato. Viene quindi arrestato nel 2015 e portato a Silivri, nel carcere degli oppositori di Erdogan.
Passeranno 100 giorni prima che la Corte Costituzionale, allora non ancora del tutto piegata alle volontà del Presidente turco, sentenzi a favore della sua libertà, dichiarando illegittima la detenzione.
Ma cosa aveva fatto di preciso il direttore di “Cumhuriyet”? Semplicemente aveva informato i cittadini turchi. In merito a che cosa? Ai traffici di armi dalla Turchia alla Siria, per armare gli estremisti islamici in guerra contro il regime di Assad.
“Arrestati” è il testo del tweet che Can Dündar scrive mentre lo conducono a Silivri. Ed è anche il titolo dell’opera in cui l’ex direttore del principale quotidiano di opposizione racconta le sue prigioni, che sono anche quelle dei 15.000 oppositori detenuti in Turchia, contro ogni principio di civiltà democratica.
(I libri sopra descritti sono disponibili anche nella versione kindle)